Il Festival des migrations di Lussemburgo è un appuntamento che mi sta particolarmente a cuore perché tiene alta l’attenzione sul fenomeno migratorio e lavora da anni per costruire una narrazione vera e attenta sul fenomeno della migrazione, primo mattone per costruire processi di reale inclusione. Oggi con Cecilia Strada dell’associazione ResQ – People saving people e con Tareke Brhane, presidente del Comitato Tre Ottobre di Lampedusa abbiamo parlato di quanto accaduto negli ultimi mesi, degli effetti collaterali che la guerra di Putin sta generando anche sul fronte profughi e dell’importanza di dare risposte a chiunque fugga da una guerra, senza creare profughi di serie A e profughi di serie B.
La direttiva 55 del 2001 che concede l’asilo a chi fugge dai conflitti armati, è stata attivata per la prima volta proprio per chi scappa dall’Ucraina e solo per loro. Contemporaneamente ci sono profughi da altre zone martoriate che non riescono neppure a fare domanda d’asilo perché sono respinti alle frontiere, in chiara violazione degli accordi della convenzione di Ginevra.
Bisognerebbe vedere i segni della sofferenza e della guerra sui corpi, bisognerebbe parlare con chi mette a rischio la propria vita e quella dei propri cari per una speranza di esistenza più dignitosa, così come ho avuto il privilegio di fare io in tanti anni a Lampedusa, Cecilia Strada e Tareke Brhane, per comprendere che siamo tutti uguali, siamo tutti uomini e donne, fatti allo stesso modo, della stessa carne anche se il colore della pelle è diverso. L’unica differenza è il luogo in cui nasciamo e non è qualcosa che possiamo scegliere.
Grazie ad Europa Controvento: Road to Lampedusa, al Pd di Lussemburgo e a tutta la comunità italiana lussemburghese per aver promosso e organizzato l’incontro.